
lettera a un grande uomo

Purtroppo non amo parlare in pubblico, ma mi sono sforzato con tanto amore di scriverti questa lettera per darti onore per quello che sei e sarai per sempre papa e perché tutti meritano di sapere cosa hai fatto, non solo come padre ma come migliore amico di tanti e grande uomo, con tanta umiltà, silenzio e cuore per tutta la tua vita.
Come un amico in comune che ha perso il padre mi ha consigliato, nei momenti di merda, come questo, e bello ricordare tutti i bei momenti insieme, e mi scuso se questa lettera è frammentata, ma volevo ricordarti così, con tutte le lezioni che mi hai insegnato.
Ci hai insegnato a essere molto umili e non ho molto da dire se non che mi hai e ci hai insegnato tanto e tutto, dal lottare al saper fare le cose, la dignità e il silenzio con cui hai combattuto, non uno ma ben tre tumori, e stata tanta roba; hai scherzato, amato e rispettato tutti fino all’ultimo giorno, e tutti, in qualsiasi ospedale ti hanno voluto bene, per la tua umiltà e la tua empatia, senza eguali.
Eravamo migliori amici da quando ce lo siamo promessi, che avevo forse dieci anni, tu eri il mio eroe ed io ero diventato il tuo. Ci spronavamo a vicenda.
Tu dirai, e hai sempre detto che non avevi fatto niente di speciale, lo dicevi sempre, ma invece hai fatto tanto, forse tutto, per me e per noi. Sei andato in pensione che eri giovanissimo, anche rifiutando tanti soldi e carriera, per prenderti cura dei figli e sei stato un martello costante per la mia crescita, umana e professionale.

Da quando mi compravi i lego per 10-15 anni e ne avevo soli 3-4, e ti impressionavi che li finivo in poche ore. Mi hai messo il primo Gameboy in mano che non avevo neanche 2 anni ed in Italia non c’erano neanche i telefonini o i computer o internet, ma ero sempre il primo ad averli.
A 5 anni mi mettevi sulle tue gambe a sparare al cielo facendo finta che era un video gioco, e a me non piaceva perché volevo i video giochi, ma tu mi hai insegnato a fantasticare ed immaginare e dio solo lo sa quanto questo abbia avuto un impatto nella mia vita.
Mi hai insegnato tutto, soprattutto la creatività, così come a scrivere software e montare un computer che non avevo neanche 7 anni ed in Italia c’era a mala pena il primo Windows 95. Abbiamo rifatto insieme non 1 ma ben 2 case ed hai cacciato sempre tutti gli incompetenti e ci siamo messi a finire i lavori tutto da soli; mi hai insegnato a fare l’elettricista, il falegname, l’idraulico e il capocantiere che non ne avevo neanche 10 e con un grande amore per i dettagli. Mi hai messo su un aereo da solo che non ne avevo neanche undici anni. Amavo giocare a pallone ma mi facevo sempre male perché ero sempre il più piccolo, e pure se non toccavo palla perché giocavo con ragazzi mezzo metro più alti di me, io ti chiedevo come avevo giocato e tu eri sempre onesto, quasi imbarazzato, nel dirmi la verità ma allo stesso tempo mi incoraggiavi sempre, perché sul campo alle 8 di mattina prendevamo un gran bel freddo insieme!

Mi hai sempre insegnato a sorprendere il prossimo e mantenere la parola data. Come la nostra prima volta allo stadio, che ti avevano appena operato di tumore al colon e vescica e (giustamente) non potevi portarmi per tutto l’anno per via dell’operazione ma mi portasti per la prima volta allo stadio solo all’ultima di campionato ed ero deluso perché era solo l’ultima di campionato, un insignificante Lazio reggina? Cavolo, quel giorni abbiamo vinto lo scudetto, e mi hai sfottuto per una vita perché la prima allo stadio fu una giornata che pochi laziali possono dire di ricordare ed io non pensavo che quella giornata sarebbe poi stata così indimenticabile.
E da grande signore siccome mamma da brava romanista ci aspettava fuori con la bandiera, quando la Roma vinse la coppa Italia siamo andati senza paura a Testaccio, per amore di mamma, a farla festeggiare la Roma, e mamma ovviamente lo diceva a tutti, ed i Romanisti invece di picchiarci, rimasero allibiti per la tua sincerità ed il tuo grande cuore e coraggio e ti regalarono addirittura la loro sciarpa e ti presero sotto braccio, eri uno sportivo ed un altruista che ci ha insegnato tanto soprattutto il rispetto degli altri, che per te era tutto.
Vogliamo parlare di rispetto? E quella volta che in Sardegna mi rompevano l’aquilone ed urlai una parolaccia ad alta voce? Mi hai sgridato e mi hai fatto andare di porta in porta a scusarmi con tutto il vicinato, anche se nessuno mi aveva sentito, mi hai dato una grande lezione di vita.

E non avevi torto neanche quando da piccolo ero un genio in matematica e mi hai vietato, facendomi piangere, lo scientifico con i miei amici di scuola, e poi ingegneria, perché secondo te l’aspetto umano veniva prima di tutto e mi hai fatto fare il classico prima ed economia poi. Da Ingegnere sapevi bene i tuoi difetti ed hai lottato con tutto te stesso per farmi essere meglio di te. E forse sapevi anche bene che mi avevi mandato in un liceo che non era il Massimo (in tutti i sensi), ma che poi in fondo passare le giornate sui libri a fare latino non era poi così importante nella vita, ed hai preferito lasciarmi tanto tempo libero e quel tempo l’ho sfruttato per imparare a gestire centinaia di persone gestendo locali da quando avevo 15 anni e fare poi l’imprenditore. Tutte qualità che nella vita hanno fatto la differenza e l’ho capito solo dopo guardandomi indietro.
Hai anche corso il rischio che prendessi brutte strade guadagnando tanti soldi ed avendo tanto successo gestendo locali ed eventi in una città non banale come Roma a soli 20 anni, ma a modo tuo, anche se mi aspettavi alzato fino a tardi, volevi insegnarmi la libertà, soprattutto di sbagliare e di fare le proprie scelte. E sempre a modo tuo sei sempre riuscito ad indirizzarmi, anche solo con uno sguardo o una parola o battuta ed io capivo, anche se la mattina dopo mi dovevo alzare presto per studiare, dopo essere tornato tardi per il lavoro, ma dovevo mantenere la parola che ti avevo dato. Ero libero di lavorare la notte, ma dovevo portarti tutti 30 il giorno dopo. Mi hai educato così ricordi? Mi regalavi 10.000 lire ogni volta che portavo a casa un 10. Tante piccole lezioni di vita che mi hanno reso una persona forte ed indipendente già a 15 anni.

Vogliamo parlare dell’insaziabile ambizione che mi hai insegnato? Mi hai portato tu a conoscere quella che poi sarebbe stata la mia grande mamma Luiss e ci siamo promessi che io mi sarei impegnato a fondo e tu avresti fatto l’investimento. Dopo i primi esami (difficili per chiunque, ancor di più per uno che era andato al classico, in un diplomificio) tu mi dicevi che non mi avevi mandato alla Luiss per prendere solo 25. Ci rimasi molto male, perché eri sempre insoddisfatto di noi ed i primi esami venendo da un liceo scadente erano tosti, ma poi iniziai a prendere tutti 30 e non mi sono più fermato. Poi mi hai mandato a calci a lavorare dopo la laurea, seppur avevo già un lavoro importante ed organizzavo eventi per migliaia di persone ed importanti DJ da tutto il mondo prima di chiunque altro in Italia, ma tu, a modo tuo, mi hai insegnato l’ambizione a fare sempre meglio e giustamente per te quello era troppo provinciale. Mi dicevi ma che sono questi tavoli, gestisci un ristorante?! E poi quando ero in consulenza, mi dicevi che ero vestito come un pinguino e che i consulenti non erano il massimo.
E quando poi dicevo che volevo fare una startup, mi facevi arrabbiare, perché volevi essere sicuro che non lo dicevo tanto per dire perché andava di moda col rischio di fallire. Così come con l’inglese. Mi hai fatto arrabbiare talmente tanto a farmi fare tutti quei colloqui senza sapere l’inglese, quando ti dicevo che c’era la crisi e le aziende non aspettavano certo me, che sono andato all’estero e studiavo inglese anche la notte dopo lavoro e mi hai fatto pagare i corsi di inglese a Londra con i regali di nonna. E quando sono tornato ci tenevi così tanto che io esaltassi le mie qualità imprenditoriali di gestione dei locali anche se spesso alle aziende non piaceva essere fuori dal coro, ma per te, da bravo CEO di 2000 persone, quelle erano capacità importanti, e come darti torto. Non credevi neanche nell’MBA, e come darti torto anche su questo. Non hai mai avuto torto, ma me l’hai pagato perché hai sempre creduto ed investito in me, e capivi che davo valore alle cose giuste. Non tanto all’etichetta, quanto al network ed alle esperienze che poi sono andato a fare.

Non hai mai avuto torto e ci stimolavamo e litigavamo a modo nostro, come due migliori amici. Io ti dicevo, che mangiavi male e dovevi fare sport. Tu andasti a camminare ed in palestra tutti i giorni per oltre 10 anni, e sei arrivato al mio matrimonio che avevi 75 anni ma sembravi un giovanotto di 60, perché per te era un appuntamento importante.
Vogliamo parlare della prima macchina che mi hai regalato? Mi dicevi no a tutto, e poi come hai sempre fatto, forse anche scosso da quello sbaglio dei medici che mi diagnosticarono un tumore che non c era, mi hai sorpreso e mi regalasti una magnifica Audi TT e mi dicevi nonno l’ha fatto con me, e tu lo devi fare con i tuoi figli, devi entrare nel mondo del lavoro a testa alta, anche se di lavoro in quegli anni di crisi non ce ne era, ma mi facesti arrabbiare talmente tanto che mandai 100 curriculum e ottenni più di 20 colloqui in poche settimane, quando i miei colleghi non ne prendevano neanche mezzo. E ne fallii molti, ma mi hai insegnato anche quello a fallire molto e rialzarmi sempre. Quando mi sono rotto un dito non ho fatto un fiato e non ho pianto, come te in questi anni. Mi hai insegnato a non lamentarmi mai, a soffrire in silenzio come dico sempre a Grace, che ha una tenacia degna di te.
La mattina prima che te ne sei andato tornavo da te vincitore avendo convinto un altro importante Professore a riprenderti in cura per la leucemia acuta e mi hai detto, sei una macchina perfetta figlio mio, non ti fermi mai. Spero che te ne sei reso conto, che questa macchina perfetta l’hai costruita tu con mamma. Tutto quello che ho fatto, se mai contasse, l ho fatto per e grazie a te e lei. E lo so che ti rompevo tanto con Steve Jobs 10 anni fa, ma anche lui quando se ne e andato si e reso conto che la famiglia era la cosa più grande, e che lui in fondo non aveva fatto molto, ma tu si. E se Steve Jobs lo diceva a Stanford tu l’hai fatto nella vita ancor prima di lui. Non conosco persona che più di te mi ha insegnato ad “essere sempre folle ed affamato” di nuovi interessi e stimoli nella vita come te, intellettualmente curioso come pochi.
Perché come dicevi sempre tu, l’allievo deve superare il maestro, e sono sicuro di averti reso fiero di te. Ma soprattutto abbiamo riso fino all’ultimo giorno e forse non aver saputo cosa avevi veramente e stato meglio. Ti ho dato la forza di crederci, di rialzarti, di mangiare e di allenarti (anche di notte) fino a domenica.

Tu hai provato a salvare 2000 dipendenti dal fallimento nel 95, e ti hanno anche provato a mandare in galera da innocente per fermarti, e ti sei beccato un tumore, ma amavi quell’azienda e quei 2000 colleghi, che per te erano una famiglia, e li hai difesi con tutto te stesso.
Non contento, mi hai dato la forza di riprendere Keyless dagli americani per fare lo stesso, per difendere i dipendenti e gli investitori che avevano creduto in me, e siccome ho fatto un grosso colpo mi hai poi soprannominato Jack (come i pirati dei caraibi) e dicevi che ero un gran figlio di mamma; e allo stesso modo abbiamo preso in giro i dottori fino al giorno prima che te ne sei andato. Riuscivi a ridere e scherzare con tutti, infermieri compresi, e chiedere sempre a tutti come stavano. Ti interessavi sempre degli altri, ed avevi un cuore ed una umiltà enorme.
Pochi sanno che hai costruito raffinerie ed impianti che valevano miliardi di dollari in tutto il mondo e che lavoravi con ministri e governi di tanti paesi, e non ne hai mai fato un vanto, perché per tutti eri semplicemente il signor Giulio, che ha rinunciato a tutto per la famiglia e per rimanere in questo Paese che amavi, con una umiltà che ho visto raramente solo nei grandi.
Non importa in che città del mondo ero, ti chiamavo ogni giorno per dirti come andava il lavoro e t ho fatto viaggiare e sognare con la testa per anni, e tu mi hai dato tanti consigli e trasferito tutto quello che sapevi.
Quando abbiamo saputo della malattia 2 anni fa ho sofferto come non mai. Ma essere stato al tuo fianco in questi due anni, anche solo portandoti la mattina presto in ospedale a fare le cure, a volte anche di peso, o aiutarti a bere e mangiare quando eri disidratato, mi ha dato una gioia immensa anche se tu non volevi pesare su nessuno e volevi fare tutto da solo. Avere anche solo quei brevi momenti mentre ti accompagnavo o quando venivi in ufficio quando finivi, simboleggiano quanto eravamo uno la spalla dell’altro.

Ci siamo amati come non mai; non solo come padre e figlio ma come migliori amici. Ho un vuoto enorme, e tanta rabbia per non averti salutato come avrei voluto se solo avessi saputo la verità, ma forse e meglio così perché fino all’ultimo non ti ho mai detto una bugia in vita mia e ti ho sempre dato la forza di crederci perché ci credevo, e questo me lo hai insegnato tu.
Nessuno si aspettava che stavi così male dentro e soffrivi in silenzio da più di un anno per un altro tumore di cui 3 ospedali non si sono accorti. Mi sento scemo ad averti portato di peso in clinica privata perché stavi male e messo gli elettrostimolatori fino a domenica per non farti perdere i muscoli alle gambe. Eppure forse e meglio così. Di aver lottato fino alla fine insieme senza sapere che i mali erano 2 e non uno solo. Ti avevano e ti sentivi scaricato dopo la polmonite e ti avevo subito trovato nuove cure e nuove speranze per la leucemia. Ti avevo ridato la forza e la speranza, ma soprattutto la dignità che ti meritavi. Eri un sognatore e uno che ci credeva, mi hai insegnato tanto su questo. Forse ci illudevamo a vicenda che avevamo ancora tanto tempo insieme per ridere e scherzare. Ed i momenti tristi e di silenzio sono state forse solo le ultime due ore prima che ti sei addormentato, in cui avevi capito cosa avevi e quando ti avrebbero operato, ed io non volevo dirti una bugia e me ne sono andato, sperando e chiedendo un miracoli ai medici fino all’ultimo, anche se ormai era troppo tardi. Ti ho perso senza salutarti, ma ci siamo lasciati con serenità come due amici, che si sono tenuti per mano in tutte le loro difficoltà.
Ho fatto di tutto per tenerti dritto e farti rialzare in questi 20 anni e tu hai fatto lo stesso con me. Mi dispiace solo non averti dato un ultimo abbraccio, consapevole che sarebbe stato l’ultimo. Ma eri tanto stanco e martoriato da ormai 25 anni e da 3 tumori, e mi hai detto a 80 ci sono arrivato, ma che schifezza!
So che in fondo sei sempre con me, forse anche più di prima. Non è un caso, che il mio ufficio sia di fronte quello che e stato il tuo primo ufficio, e che la mattina che te ne sei andato mi hai accompagnato su, e mi hai fatto sentire la tua presenza, accanto a me, come sempre.

Sono contento che siamo riusciti a farti conoscere la piccola Grace, era il tuo più grande cruccio e ci siamo impegnati tanto per farvi conoscere. Facevi vedere la sua foto in ogni ospedale in cui sei stato, e tutti la conoscevano come la tua forza. Ti ho visto tanto felice ed emozionato quando ti accarezzava la barba e spero di essere alla tua altezza come papa di Grace, anche se sarà difficile perché sei stato un padre unico.
Ci hai fatto un altro scherzo, perché tra due giorni e il suo battesimo e te ne sei andato sul più bello; ancora ieri mi chiedevi se ti avrei invitato sul mio bellissimo terrazzo quest’estate. Ma forse non volevi più darci disturbo come diresti tu ed all’ennesima ricaduta, non tanto perché eri stanco di combattere con un corpo che non ne poteva più, ma perché per grande amore non volevi più darci un peso ed appena l’hai capito hai tolto il disturbo. Il tuo spirito non mancherà mai di essere con noi, sei stato un combattente vero.
Mi dispiace aver fatto di tutto, eppure nessun ospedale si era accorto che stavi male, ed hai sofferto tanto negli ultimi giorni. Così come tanti anni fa il tuo cruccio più grande nel farmi fare quelle benedette elezioni della Luiss, perché non ti sentivi di aver fatto qualcosa per questo paese, ti ho sempre promesso che un giorno l’avrei fatto per te, e spero di mantenere questa promessa, quanto meno perché casi del genere non ricapitino ad altri, e perché i medici non trattino altri anziani e altre famiglie come ti hanno trattato.
Con amore e affetto
Tuo figlio
